L’Indonesia si estende su 5.500 km, dalla punta nord-occidentale di Sumatra (Aceh) fino al confine con Papua-Nugini, sull’isola della Nuova Guinea, e lungo i quasi 1.500 km dalle Filippine all'Oceano Indiano

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Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:11:55

Più di 1.000 delle oltre 16.000 isole che occupano questo spazio sono abitate da circa 215 milioni di persone. La popolazione dell'Indonesia ha un tasso annuo di crescita del 1,8% ed è distribuita in maniera molto irregolare. Il 62% circa degli Indonesiani vive sulla sola isola di Giava che, considerata insieme all'isoletta di Madura, è grande circa 132.000 km2.

La densità della popolazione di Giava è quindi di quasi 1.000 persone per km2, anche se ci sono alte montagne in gran parte ancora disabitate. Si dice che l'Indonesia conti almeno 400 lingue differenti, per la maggior parte appartenenti al gruppo linguistico austro-malese, in cui sono incluse anche le lingue delle Filippine e del Madagascar. Il gruppo linguistico maggiore, circa il 42% di tutti gli indonesiani, sono i giavanesi: parlano giavanese e originariamente abitavano la parte centrale e orientale di Giava. Il secondo gruppo linguistico è quello dei sondanesi, che vivono nella parte occidentale dell'isola. Seguono poi i maduresi che vivono sia a Madura, sia sulla costa settentrionale della sponda orientale di Giava. In ultimo vengono i quasi sei milioni di malesi che vivono sul lato orientale di Sumatra e lungo la costa dell'Isola di Kalimantan (Borneo) e che hanno dato all'Indonesia la sua lingua[1]I quattro grandi gruppi linguistici appartengono tutti all'Islam.

Circa l'85% della popolazione è musulmana. Quasi il 10% degli indonesiani sono cristiani, di cui due terzi protestanti. L'1,5 % è indù, gli abitanti originari di Bali, il restante 3,5% appartiene a religioni indigene (meno di un milione di persone) e ad una comunità buddista in crescita, costituita in gran parte da cinesi e da persone che professano la "religione cinese".

Oggi è opinione comune che l'Islam venne diffuso da mercanti e viaggiatori del Gujerat e della Cina e iniziò lentamente a diffondersi da Aceh a partire dal XIII secolo. Giava venne islamizzata tra il XV e il XVII secolo.

La maggior parte dei cristiani indonesiani è composta da popolazioni che non sono state islamizzate precedentemente: i Toba, Karo, e altre tribù Batak al Nord di Sumatra che in origine furono evangelizzate, a partire dalla seconda metà del XIX secolo, dai protestanti, in gran parte luterani tedeschi.

Di fatto tutti gli altri protestanti sono calvinisti o attualmente appartenenti a comunità evangeliche. I cristiani sono presenti soprattutto tra i Dayak a Kalimantan (protestanti e cattolici), tra i Minahassa (Menadonesi) nel Nord Sulawesi (Celebes) e in altre zone di questa regione (protestanti), in diverse parti delle Molucche (soprattutto protestanti), nell'isola di Flores e nelle isole limitrofe (cattolici), nella parte occidentale di Timor (protestanti e cattolici), e a Papua (protestanti e una solida minoranza cattolica). Una parte considerevole dei presunti sei milioni di cinesi indonesiani, comunque meno del 50%, sono anch'essi cristiani. Inoltre, tra i giavenesi esistono circa un milione di cattolici, una forte comunità protestante, e alcune comunità minori tra i sondanesi a Giava occidentale.

Le comunità giavanese e sondanese hanno avuto origine da un ambiente islamico.

 

Due Islam e Molti Orientamenti

L'Islam indonesiano è estremamente eterogeneo [2]. La distinzione tra i due gruppi Santri e Abangan, anche se messa in discussione da alcuni, è ancora utile. Nel gruppo Santri, secondo l'accezione larga proposta da Geertz [3], sono quei musulmani che coscientemente regolano la propria vita sui principi dell'Islam, che possibilmente adempiono i precetti islamici come la preghiera cinque volte al giorno (sholat) o il digiuno. Gli abangan (letteralmente "i rossi") sono quei musulmani, specialmente tra i giavanesi, che almeno fino a 40 anni fa, appartenevano all'Islam solo di nome, non adempivano i precetti della preghiera e del digiuno e che avevano uno stile di vita non molto conforme all'Islam. Queste differenze erano abbastanza visibili. Mentre le donne abangan non portavano mai alcun velo sul capo, le donne santri portavano un tipo di velo sciolto sulla testa. Gli abangan si prendevano cura delle loro tombe, mentre i santri spesso le trascurano. La famosa cultura giavanese, il teatro delle ombre wayang (le cui trame nascono dal Ramayana e dal Mahabharata indiani), l'orchestra gamelan e le bellissime danze (con le spalle sempre scoperte) sono tabù per la maggior parte dei santri. Questa spaccatura religiosa e culturale arrivò al suo apice negli anni '50 quando i partiti politici si schierarono apertamente per una o l'altra parte dello scisma abangan-santri. Nel linguaggio politico indonesiano la parola "Islam" si riferisce solo ai santri, o più esattamente agli indonesiani che fanno parte di organizzazioni o partiti islamici. I santri si dovettero confrontare con i "nazionalisti" che, ovviamente erano musulmani anch'essi, ma che per la massima parte, rifiutavano l'Islam politico, e istintivamente aborrivano tutti gli esclusivismi religiosi. Agli albori della Repubblica Indonesiana (1945) furono i nazionalisti a bloccare ogni tentativo di rendere la Shari'a islamica legge dello Stato[4].

Tra i musulmani santri esistono diversi orientamenti. La differenza più importante è quella tra Islam "tradizionalista" e Islam "modernista". Con Islam modernista s'intende una comprensione dell'identità e della prassi islamica influenzata dai riformisti egiziani della fine del XIX secolo come, ad esempio, Al-Afghani e Muhammad 'Abduh, e ugualmente dai wahabiti. I modernisti sono rappresentati dall'organizzazione Muhammadiah fondata nel 1912 a Yogyakarta e che conta scuole moderne, università e ospedali in tutto il paese. E' considerata modernista anche l'Associazione degli studenti islamici (HMI), dalle cui file escono da più di cinquant'anni figure di spicco a livello nazionale. I Kias, in parte come reazione contro la critica dei Muhammadiah nei confronti del loro Islam "impuro", fondarono nel 1926 a Giava orientale la tradizionalista Nadlatul Ulama (NU) che funziona come una sorta di organizzazione ombrello per molti pesantrens (collegi islamici). La Muhammadiah vanta 27 milioni di membri, mentre la NU pretende di arrivare a 40 milioni.

Le relazioni tra le due organizzazioni non sono sempre facili. Dal punto di vista politico, in generale, prendono posizioni tra loro opposte.

 

Negli anni '50 la Muhammadiah supportò il partito Masyumi che, insieme ai socialisti, al partito cattolico e al partito protestante, premeva per una democrazia di tipo occidentale. NU al contrario, pur essendo sempre stata moderata negli affari religiosi, sostenne la democrazia guidata di Sukarno. Nel 1989 Suharto operò una svolta pro-islamica. Si giunse alla nascita dell'ICMI, l'Associazione degli intellettuali musulmani e il Prof. Habibie (che in seguito succedette a Suharto come presidente), tra le altre cose, iniziò una "purificazione" dei cristiani dalle cariche pubbliche, in nome della rappresentanza proporzionale. 

Questa scelta fu duramente combattuta dal defunto Presidente Abdurrachman Wahid, capo della NU, che insieme ad alcuni intellettuali cristiani fondò un "forum democratico" molto avversato da Suharto.

I Cinque Principi alla Base dello Stato

Che la libertà religiosa, nonostante ogni genere di piccola discriminazione locale, sia un fatto in Indonesia può essere ricondotto alla Pancasila, i cinque principi su cui si fonda lo Stato indonesiano, formulati originariamente da Sukarno: fede in un solo Dio, un umanesimo giusto e civilizzato, nazionalismo, orientamento verso il popolo e giustizia sociale. Ma il punto-chiave della Pancasila è in qualche misura implicito: l'accordo che in Indonesia nessuno sia discriminato a causa della propria religione. Per questo non c'è alcun riferimento all'Islam nella costituzione nazionale. E' un fatto che fino ad oggi le campane delle chiese risuonino in tutta Giava musulmana, che le chiese siano piene, che a Giava ci siano diversi importanti luoghi di pellegrinaggio, quasi tutti consacrati a Maria. I cristiani partecipano attivamente alla vita politica, sociale e culturale del Paese. 

Dagli ultimi anni del Governo di Suharto in poi si sono moltiplicati gli attacchi alle chiese cristiane di Giava (ed è molto difficile avere i permessi per costruire nuove chiese). L'apice si raggiunse durante le due guerre civili tra cristiani e musulmani nell'Indonesia orientale combattute dal 1999 al 2002 (e ancora oggi la pace non è del tutto assicurata), con almeno 10.000 morti e quasi un milione di profughi interni.

Il fatto strano, che apre alla speranza, è che questi conflitti non si siano estesi ad altre regioni dell'Indonesia. Al contrario, probabilmente non abbiamo mai avuto delle relazioni più vicine di ora gli uni con gli altri. Specialmente tra NU e cristiani ci sono in questo momento delle relazioni veramente amichevoli, al punto che la notte di Natale o Capodanno le milizie della NU proteggono molte delle nostre chiese contro possibili attacchi terroristici (come è successo quattro anni fa quando alcuni terroristi musulmani fecero esplodere trenta ordigni vicino alle chiese da Sumatra a Lobok a 60 minuti l'una dall'altra con 17 morti e 140 feriti; tra i morti c'è stato un giovane della NU che stava trasportando una bomba fuori da una chiesa a Mojokerto quando gli è esplosa tra le mani).

Estremisti e Liberali

Dopo la caduta di Suharto gli estremisti islamici sfruttarono l'apertura democratica per uscire allo scoperto. Ma sembra che non siano riusciti ad estendere più di tanto la loro influenza. Dopo il 12 ottobre 2002 (la strage di Bali) dovettero piegarsi nuovamente. In due libere elezioni i partiti islamici raggiunsero il 37% e il 40% dei voti, mentre i partiti che si erano battuti per l'introduzione della shari'a solo il 17%. Sia lo NU che la Muhammadiah hanno rifiutato categoricamente la proposta di introduzione della shari'a. Gli altri gruppi la forza di difesa islamica FBI, l'esercito islamico (laskar jihad), il Hizbut Tahrir (che sostiene l'introduzione del califfato e, sembra, la dissoluzione degli stati nazionali), e il Majelis Mujahiddin hanno effettivamente adottato la linea dura, pur sottolineando sempre che le altre comunità religiose non sarebbero discriminate sotto il dominio della shari'a.

Questi gruppi sono duramente contrastati da altri che sostengono un Islam aperto e tollerante. Si tratta dei "figli spirituali" di figure eccezionali come Nurcholish Madjia[5]e Abdurrachman Wahid. Tra di essi si conta "la rete dell'Islam liberale" di Ulil Abshor Abdallah. Ci sono teologi musulmani che proclamano il pluralismo religioso. E' interessante che i dipartimenti di religione delle grandi università islamiche statali (IAIN, UIN) siano luoghi in cui si insegna un Islam aperto al dialogo, mentre i veri fondamentalisti si trovano tra gli studenti, e soprattutto quelli di scienze esatte e tecniche, nelle grandi università statali laiche. Perciò, all'interno dell'Islam è in corso una competizione circa il futuro aspetto dell'Islam. Le persone con una visione più tollerante e pluralista sono attratte in particolar modo da alcuni aspetti del cattolicesimo, come la teologia della liberazione, il Concilio Vaticano II, e l'apertura nei confronti delle scienze ("evoluzione"), mentre i protestanti indonesiani sono più esclusivisti e per una "linea dura"[6].

L'Islam indonesiano è un fenomeno estremamente interessante. Non solo nella variante abangan (che sembra destinata a scomparire; al giorno d'oggi i musulmani in generale pregano, digiunano e cercano di compiere il precetto del hajj, ma politicamente la maggioranza non è attratta dai partiti islamici), ma ancora di più se si considera il musulmano auto-consapevole. Ci sono comunque delle tendenze negative evidenti. Nelle province, molto spesso vi è un Islam dalla mentalità ristretta, specialmente tra gli impiegati statali, che cercano di rendere difficile il contatto, ad esempio, tra ragazzi musulmani e non musulmani. Ma ci sono anche forti tendenze per una maggiore apertura. Va ricordato a questo proposito un forte movimento femminista tra le donne musulmane, che, secondo me, è uno dei segni di maggior speranza di una crescente apertura dell'Islam. Naturalmente questo ha delle implicazioni per l'atteggiamento dei cristiani nei confronti dei musulmani. Deve essere positivo, se realistico. In Indonesia, la direzione che il Concilio Vaticano II ha dato ai cattolici è percepita, infine, come un grande aiuto.
 

Le opinioni espresse in questo articolo sono responsabilità degli autori e non riflettono necessariamente la posizione della Fondazione Internazionale Oasis

[1]Già nel 1928 i giovani indonesiani che si battevano per l'indipendenza dagli olandesi scelsero il malese come lingua ufficiale della futura Indonesia. Poiché il malese è anche lingua nazionale in Malesia e nel Brunei-Darussalam, i cittadini di questi tre stati sono in grado di comunicare direttamente gli uni con gli altri. Ma l'indonesiano ha preso in prestito parole olandesi, mentre la Malesia e il Brunei-Darussalam hanno attinto dall'inglese. Inoltre l'indonesiano viene continuamente arricchito da parole giavanesi.

[2]Cfr. Clifford Geertz 1961, The Religion of Java, New York; The Free Press

[3]"Santri" in senso stretto sono gli allievi dei collegi islamici chiamati pesantren, formatisi soprattutto a Giava, ma che si stanno ora diffondendo in tutta l'Indonesia, intorno ad un pio Kiai (un maestro carismatico musulmano). È interessante notare come la parola "Santri" derivi dal sanscrito.

[4]Molti abangan giavanesi insistono a puntualizzare che la cultura giavanese è superiore a qualsiasi appartenenza religiosa. Ben Anderson pensa che tra i giavanesi l'accettazione dei cattolici sia legata al fatto che l'esistenza del Cattolicesimo giavanese rende possibile la distinzione tra cultura giavanese e Islam. La cultura giavanese è l'unica cultura locale in Indonesia in cui l'Islam non sia riuscito ad integrarsi perfettamente nella cultura popolare.

[5]Nurcholish fece indignare molti musulmani quando, ancora giovane, coniò lo slogan "Islam sì, partiti islamici no" e disse che la secolarizzazione è di fatto la conseguenza del monoteismo. Nurcholish sviluppò una comprensione particolare dell'Islam: poiché la parola "Islam" significa "sottomissione", tutti gli uomini e le donne che si sottomettono a Dio secondo la propria religione (inclusi gli indù e i buddisti che di solito vengono completamente ignorati come kafir pagani dai musulmani), sono di fatto musulmani, il che implica che alla fine si salveranno.

[6]Così, nella mia scuola, la Driyarkara School of Philosophy a Giacarta, dove più del 60% degli studenti sono seminaristi e studiosi di diversi ordini religiosi candidati al sacerdozio, abbiamo circa un 15% di studenti musulmani, la maggior parte attivisti (membri di organizzazioni islamiche) che spesso sono molto interessati alle correnti filosofiche come la teoria della critica della scuola di Francoforte, Habermans, il post-moderno e l'ermeneutica (di estrema rilevanza per ciò che riguarda il Corano).

Per citare questo articolo

 

Riferimento al formato cartaceo:

Franz Magnis-Suseno, Indonesia, l'Islam più grande e sconosciuto, «Oasis», anno I, n. 2, settembre 2005, pp. 104-106.

 

Riferimento al formato digitale:

Franz Magnis-Suseno, Indonesia, l'Islam più grande e sconosciuto, «Oasis» [online], pubblicato il 1 settembre 2005, URL: https://www.oasiscenter.eu/it/indonesia-lislam-piu-grande-e-sconosciuto.

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