Nel quarantesimo anniversario della Rivoluzione khomeinista, i nostri articoli dedicati alla politicizzazione dell’Islam sciita

Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:58:09

Ultima grande rivoluzione del ‘900 e prima a essere trasmessa in televisione, la Rivoluzione Islamica in Iran ha segnato la fine del Regno dello Shah Mohammed Reza Pahlavi e il trionfo dell’Islam politico sciita, guidato dall’Ayatollah Ruhollah Khomeini. In occasione del quarantesimo anniversario dell’evento che ha ridisegnato la geografia politica e religiosa mediorientale, Oasis propone alcuni approfondimenti sullo sciismo, sull’Iran e sul discorso rivoluzionario che ha accompagnato la Rivoluzione.

 

Come il clero sciita è entrato in politica, di Rainer Brunner (19 giugno 2017). La dottrina sciita dell’Imamato, affermatasi con l’imam Ja‘far al-Sadiq, ha riconosciuto l’infallibilità dei successori di Muhammad alla guida della comunità. Nel corso del tempo, però, gli ulema hanno assunto un ruolo sempre più centrale, fino alla creazione di una vera e propria gerarchia. L’ultimo passo? La wīlayat al-faqīh.

 

Quel tempo sospeso in attesa dell’Imam, di Yann Richard (1 luglio 2011). Da Karbala all’Occultamento dell'ultimo Imam, la storia sciita è stata caratterizzata dall’impossibilità di raggiungere una posizione egemonica, almeno fino all’arrivo della dinastia Safavide, che si affidò al clero sciita per governare. Una mossa che anticiperà di cinque secoli la scelta di Khomeini di riconoscere l’autorità degli ulema in quanto eredi del potere temporale del Profeta.

 

Qualcosa di nuovo da Teheran, di Forough Jahanbakhsh (12 giugno 2015). La secolarizzazione promossa dallo Shah si è scontrata a partire dagli anni '60 con un discorso ideologico e rivoluzionario. Da un lato emerge il modernismo religioso moderato e filo-Occidentale di Mehdi Bazargan, capo del primo governo rivoluzionario; dall’altro, si afferma invece l’ideologia islamica del sociologo ‘Ali Shari‘ati, nata dalla fusione di categorie marxiste e concetti islamici. Questi discorsi religiosi e giurisprudenziali, profondamente radicati nel tessuto sociale, sono stati decisivi nel promuovere e sostenere la Rivoluzione.

 

L’alleanza dissidente contro la teocrazia, di Ramin Jahanbegloo (1 dicembre 2013). Dopo 40 anni di regime teocratico, il secolarismo è penetrato nella vita quotidiana della società iraniana, svuotando il progetto politico che stava al cuore della Rivoluzione del 1979. Ma secolarismo non coincide con la rimozione della sfera religiosa, quanto con il potenziamento della società civile.

 

Trent’anni di ambizioni (non sempre realizzate), di Bernard Hourcade (1 luglio 2011). Se lo Shah ha cercato di costruire un’identità iraniana fondata sui fasti dell’Impero persiano, la Rivoluzione Islamica si è contraddistinta per la proposta dello sciismo come aspetto centrale dell’identità nazionale. Spesso però gli interessi strategici e di sicurezza hanno fatto prevalere un certo pragmatismo.

 

La mia guerra è più santa della tua, di Farhad Khosrokhavar (1 luglio 2011). Le idee di jihad, tipicamente sunnita, e di martirio, principalmente sciita, sono in realtà state mobilitate da gruppi radicali di entrambe le correnti, seppur in modi e con significati diversi. La domanda di democratizzazione potrebbe però ridefinire il campo.

 

Jihad sciita: sospeso fino al ritorno dell’Imam, di Mathieu Terrier (28 gennaio 2015). Il concetto di jihad, utilizzato solitamente in ambito sunnita, è presente anche nel mondo sciita. Due però sono le grandi differenze: chi lo guida, ovvero l’Imam, e contro chi è rivolto, ovvero gli “uomini di iniquità”

 

 

 

 

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